Matilde Mezzalama ha sessantacinque anni, è una maestra elementare in pensione, vedova con una figlia veterinaria, Emanuela, sposata con il rampollo di una famiglia di dentisti, che vive in una bella casa della precollina.
Tutti i giorni lascia il suo appartamento in via Scarlatti, Barriera di Milano, prende il tram 18, scende in via Accademia Albertina e sale nell’appartamento dei signori Dutto per accudire l’ingegnere, costretto su una sedia a rotelle. Matilde, infatti, non può vivere della sua pensione ma è costretta a fare l’unico lavoro per lei ancora disponibile, ossia l’assistente famigliare, perché Matilde ha un segreto …
Matilde però non è l’unica ad avere segreti, tutte le persone che ruotano attorno a lei hanno qualcosa da nascondere. Ce l’ha Emanuela, che all’improvviso pretende con tutta fretta settantamila euro dalla madre, ce l’ha l’ingegner Dutto, qualcosa che ha a che fare con quel suo passato di dirigente della FIAT in Brasile, ce l’ha anche la moglie dell’ingegnere, Laura, qualcosa che invece ha a che fare con quell’orologio prezioso sparito dal comodino del marito. Perfino Dora, la domestica rumena dei Dutto, ha un suo piccolo segreto.
Il segreto è quell’altra metà di noi, quella “che non viene raccontata e che continua a esistere, nonostante l’imbarazzo” ma è anche la parte a cui noi siamo più legati, quella che difendiamo perché ci fa soffrire oppure sperare, quella che ad un certo punto della nostra vita è diventata la somma delle nostre ambizioni o dei nostri fallimenti.
Paola Cereda esplora il tema delle relazioni di cura: quanto è difficile, faticoso, a volte frustrante prendersi cura degli altri eppure indispensabile, non solo per la persona che viene assistita e che non potrebbe farne a meno, ma anche per chi assiste perché spesso è costretto a farlo per necessità. Una necessità che non sempre gli altri vedono perché fa parte di quel noi che teniamo nascosto per paura, per pudore, per convenzione.
Le relazioni di cura in questo libro diventano un po’ il veicolo per scandagliare il lato oscuro della vita di ciascuno di noi, quello difficile da tirare fuori perché il timore che gli altri non capiscano è sempre in agguato o perché farebbe del male a qualcuno oppure, semplicemente, è quel lato che teniamo nascosto perché non siamo abbastanza sicuri di noi stessi mentre “i poteri degli altri sono convinzioni che dovrebbero appartenere prima di tutto a noi stessi. Solo così nessuno ce li potrebbe rubare.”
Dietro le relazioni di facciata che i personaggi hanno costruito nel corso della loro vita pulsano i sentimenti e la vita che avrebbero voluto, che diventano rimpianto per l’ingegner Dutto – che vorrebbe ancora desiderare come desiderano i bambini – e speranza, ancora forte e tenace nonostante tutto per Matilde, che non si arrende, reagisce di fronte agli anni che passano come di fronte alla fredda indifferenza della figlia e all’insensibilità della nipote perché può accettare tutto ma non di non essere stata amata L’amore per Matilde è ancora un bisogno assoluto che obnubila la razionalità, un bisogno diverso dal pacato e rassicurante amore per il marito defunto, fatto di mignon del caffè Borghetti e di partite allo stadio.
Dopo aver finito la lettura mi sono fatta una domanda: quanto sacrificio c’è dietro il nostro dare qualcosa agli altri? Non posso liberarmi dell’immagine di Matilde al banco dei pegni costretta a impegnare un oggetto a lei molto caro per soddisfare il capriccio della nipote (e della figlia) che neanche lontanamente immagina (e non potrebbe neanche capire) quanto sia costata la sua pretesa. Non so se il lettore sarà d’accordo con me ma L’altra metà di noi tocca in profondità, fa vibrare delle corde che troppo spesso rimangono ingessate dietro le apparenze mentre, invece, ad un certo punto, dovremmo avere il coraggio di “smettere di fare quello che facciamo per chiederci se siamo felici o se ci stiamo davvero accontentando”.
Questo libro è una bellissima mappa di Barriera di Milano, quartiere a nord-est di Torino, con al centro quella piazza chiamata Cerignola per ricordare l’immigrazione dei pugliesi negli anni del dopoguerra. Dopo i pugliesi sono arrivati gli immigrati stranieri che si sono amalgamati e impastati con i piemontesi, i pugliesi e con le tante nazionalità di cui fanno parte e tutti insieme contribuiscono alla multietnicità del quartiere che è insieme vitalità e difficoltà.
Editore: Giulio Perrone Editore
Anno di pubblicazione: 2019
Pagine: 222
Prezzo di copertina: 15,00
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