Cannella, uva passa e zenzero. Sono questi i profumi che sente Dino nella cucina del circolo ufficiali in Sassonia. Mentre la guerra volge al termine e il mondo creato dai nazisti si sta sgretolando sotto l’incalzare dell’Armata Rossa e degli americani, Dino può dire “la chiamavano Guerra mondiale e lì, in Germania, nel cuore del conflitto, la gente faceva il pane, coltivava la segale e le patate, usciva a prendere il sole, giocava a pallone, girava in bicicletta, si preoccupava del bianco delle tovaglie e gli aerei passavano silenziosi e alti nel cielo”. Dino infatti è un deportato, ma un deportato speciale a cui è consentito anche servire ai tavoli durante una cena di gala alla quale è presente un gerarca importante, anche se Dino non se ne rende conto e combina un guaio che potrebbe costargli caro.
Nella dispensa e nella cantina del circolo ufficiali ci sono ceste di castagne, pezzi di lardo, sacchi di patate, prosciutti, tagli di carne, bidoni di pesce, fagioli e piselli, cognac e liquori pregiati, vini di ogni parte d’Europa e Dino, per rendersi conto che oltre i cancelli del circolo c’è la guerra, deve addentarsi nelle campagne con Herr Willi, il capitano comandante del campo, alla ricerca di provviste perché i rifornimenti cominciano a scarseggiare, deve vedere le conseguenze del terribile bombardamento di Dresda e imbattersi casualmente in una colonna di deportate.
La verità che Dino ricordava è che i tedeschi non sono poi così cattivi, in fondo gli hanno permesso di salvarsi sottraendolo al lavoro in fabbrica in un campo di lavoro al quale probabilmente non sarebbe sopravvissuto. E poi gli permettono anche di aiutare suo fratello Michele, che invece in fabbrica ci è finito ma può godere di un permesso per andare a trovare Dino.
La guerra coinvolge Dino quando il campo viene evacuato e, in marcia verso Praga, incontra colonne di soldati e civili in fuga, i partigiani, vede miseria e cadaveri, patisce la fame come non gli era mai successo in quel “rifugio” dove tutto era pulito, ordinato, lucidato e che avrebbe lasciato nei suoi ricordi tovaglie di Fiandra, pentole lucenti, stoviglie d’argento e una candida giacca da cameriere.
C’è un personaggio curioso in questo libro: è quel nano di “eccezionale altezza” che compare fin dal momento dell’arresto di Dino: irriverente e impiccione aiuta Dino a capire cosa gli sta succedendo ma soprattutto cosa succede fuori da quel mondo apparentemente indenne dalla guerra.
Nelle conversazioni con il nano Dino può esprimere emozioni, pensieri, paure, dubbi che aiutano il lettore a mantenere quel collegamento necessario tra la vita quasi amena che conduce Dino al campo e il contesto di guerra che si sta consumando fuori dai suoi cancelli. Il nano infatti scompare quando Dino “da solo” riesce a riprendere contatto con la realtà.
All’interno del campo non ci sono personaggi negativi, o almeno Dino non li percepisce. C’è Barnhart, burbero e di poche parole, insegna a Dino come comportarsi in quel posto dove, nonostante marmellata e pane fresco, è pur sempre un deportato e c’è Greta che, anche se veste la divisa delle SS, è inserviente e cameriera e suscita in Dino il desiderio, quasi realizzato, di scappare via insieme. Ci sono Konstantin un prigioniero russo con il quale Dino riesce a fare quasi amicizia e poi c’è Maier il guardiano con l’hobby della fotografia.
Infine c’è Michele, il fratello maggiore, che, se all’inizio è preoccupato per quel fratello cocciuto che si ostina a voler fare il cameriere, alla fine dovrà a lui la sua salvezza.
La narrazione di questo libro è il frutto di un sapiente intreccio tra la fiction, indubbiamente frutto di un grande lavoro di ricerca storica con la storia di Dino, che invece è vera.
Il pregio che bisogna riconoscere all’autore è di essere riuscito a raccontarci una storia del tempo di guerra con pennellate di delicatezza ottenute creando una potente miscela di aromi e profumi: caffè e zucchero, cavolo, pane fresco e fiori, acqua di colonia e lavanda, gelsomini, spezie, carboni e cuoio si respirano nel campo e rendono anomala la prigionia di Dino. Dino si immerge nel calore di quel luogo che riesce a suscitare ricordi di “primavera, vacche, prati, grano, polline, corteccia, sole” e non sente più l’urgenza di tornare a casa.
Queste percezioni olfattive e sensoriali hanno l’effetto di creare l’illusione di Dino di essere fuori dal conflitto, illusione che perde potenza fin dal momento dell’uscita dal campo quando, infatti, anche i profumi scompaiono senza, però, far scomparire del tutto “la nostalgia di quel posto sulla collina” dove Dino è stato protetto, nutrito e tenuto lontano dalle brutture della guerra.
Casa Editrice: Codice Edizioni
Anno di pubblicazione: 2018
Pagine: 296
Prezzo di copertina: 18,00