In attesa di leggere “Le nebbie di Massaua. La nuova indagine di Aldo Morosini, maggiore dei Carabinieri nell’Africa Orientale Italiana” (Edizioni del Capricorno 2018) voglio parlarvi del penultimo libro di Giorgio Ballario, Il destino dell’Avvoltoio: fin dalle prime righe ho capito che non mi avrebbe delusa e ha decisamente soddisfatto ogni mia aspettativa.
Con questo libro entriamo nel noir di pura ambientazione torinese tra Borgo Dora, Porta Palazzo, San Salvario il Parco Dora, la cintura nord di Torino e le Valli di Lanzo.
Avvoltoio è il soprannome conquistato sul campo delle truffe alle assicurazioni con incidenti bidone da Fabio Montrucchio, avvocato quasi cinquantenne dedito all’alcol e all’hashish e decisamente più preoccupato di non farsi radiare dall’albo che di fare gli interessi del cliente. Poi un giorno arriva quella che sembra l’occasione per fare finalmente un po’ di soldi e riuscire a pagare qualche debito, almeno quelli con la ex moglie che si fa carico dell’unico figlio che non vede quasi mai. Ma è una trappola e l’Avvoltoio, suo malgrado, dovrà fare i conti con la malavita, quella vera, e con la sua coscienza che non gli impedirà di uccidere a sangue freddo.
L’Avvoltoio è un balordo che vive ormai sull’orlo del baratro che da un momento all’altro può perderlo per sempre, è un cinico disilluso che non ha più fiducia nel domani ma solo qualche rimpianto di quando era ancora un avvocato rispettabile fino a quando il destino non mette sulla sua strada Irina e allora i sentimenti ottenebrati tornano a schiarirsi, regalandoci un uomo d’azione che sfida la ‘Ndrangheta per salvare la vita dell’unica persona che è riuscita a risvegliare in lui tenerezza e un po’ d’amore.
Il finale non è per nulla scontato e forse sentiremo ancora parlare dell’Avvoltoio.
Attorno all’Avvoltoio si muovono una serie di personaggi che Ballario con tratti decisi e immagini efficaci riesce a caratterizzare con maestria: Irina, infermiera moldava, con un passato difficile alle spalle e un presente che non riesce ad affrontare da sola, Gioan Canonich un reduce della mala di Borgo Dora, quella di prima che il quartiere cambiasse volto con le ondate migratorie, Joy, prostituta di colore, che si concede “per amicizia” all’Avvoltoio, Mario, l’amico di gioventù di Fabio che non è chi sembra di essere, i fratelli Marazzita, due delinquenti di piccolo calibro ma brutali, Codispoti, spietato uomo di fiducia di un potente boss.
In 200 pagine Ballario riesce a darci suspense, intrigo, amore, piccole miserie e grandi speranze trascinandoci in quel ventre di Torino che si muove sotto la “moralità” quotidiana tra prostitute, stupri, delitti di mafia, bische clandestine, pusher, corruzione, piccoli malavitosi e pericolosi boss della ‘Ndrangheta, insospettabili professionisti prestati alla malavita.
La scrittura non è mai banale ma sempre accattivante e capace di solleticare il lettore creando una continua tensione per regalarci un vero noir sotto la Mole di cui non posso che consigliare calorosamente la lettura, non solo agli appassionati del genere ma a tutti gli amanti della Torino letteraria.
Casa Editrice: Edizioni del Capricorno
Anno di pubblicazione: 2017
Pagine: 203
Prezzo di copertina: 8,90
Dalla finestra di casa sua l’Avvoltoio vede l’inizio di corso Giulio, la vecchia stazione della Ciriè-Lanzo e il ponte sulla Dora e nel cuore del Balon vive Gioan Canonich “un fossile dei tempi andati e della vita di barriera cantata da Gipo Farassino”. Il Balon, già magistralmente scenario de La donna della domenica, si presta perfettamente a fare da palcoscenico per questo romanzo e ci mette la curiosità di saperne un po’ di più di questo angolo coì unico di Torino.
Così scopriamo che risale al lontano 1698 un commercio all’aperto per le bestie da macello in piazzetta Borgo Dora, voluto dal Duca Vittorio Amedeo e al 1837 un mercato per la frutta e verdura diventato qualche anno dopo un mercato dei cenci per volontà del Comune di portare il commercio fuori dalle piazze cittadine dedicate ai nobili e alla borghesia.
L’etimologia della parola Balon è incerta: forse discende dall’esistenza di uno sferisterio (luogo per il gioco del pallone elastico) del Settecento e una volta era attraversato dal canale dei Molassi e altri canali più piccoli che raccoglievano gli scarichi delle abitazioni e degli opifici. Era un luogo malsano e degradato abitato dalle persone più povere in condizioni di vita e sanitarie inadeguate dove erano frequenti le epidemie di tifo, vaiolo, colera, tubercolosi e malattie infantili e la criminalità era di casa.
Adesso il Balon ha cambiato volto: sono lontani i tempi del canale dei Molassi (chiuso nel 1910), ma conserva quell’immagine di periferia nel centro di Torino abitata per lo più da immigrati e frequentata dalla gioventù un po’ bohème che studia alla scuola Holden.
(Le informazioni sul Balon sono state tratte dal libro di Maurizio Ternavasio, E’ facile vivere bene a Torino se sai cosa fare, Newton Compton, 2016)