Un “oggettino insignificante”, ritrovato nella tasca del soprabito avvolto in un fazzoletto con le iniziali ricamate D.B., costringe Dalia Buonaventura a riannodare i fili della sua memoria sfilacciata dopo un ictus, un piccolo incidente, che ha portato via i ricordi degli ultimi due mesi.

Una vecchia Olivetti MP1 rossa e un foglio rimasto nel carrello con un’unica parola: FINE guideranno Dalia verso la piena guarigione e la risoluzione dell’enigma di quell’oggetto che ha tutta l’aria di essere un vecchio anello per le tende.

Desy si avvale ancora una volta di una struttura in due tempi, collaudata con il precedente romanzo, l’Annusatrice di libri.

Nel 1940 Dalia ha 17 anni ed è una brava dattilografa, grazie alle lezioni della signorina Pellissero che, a soli 13 anni la costringeva a battere i tasti bendati, mestiere che le consente di avere un lavoro e uno stipendio col quale contribuire ai bisogni suoi e del padre, imprenditore poco accorto che ha contribuito al fallimento dell’azienda di famiglia.

Dalle oniriche rive del lago di Avigliana Dalia si trasferisce a Torino, si sposa, viene lasciata dal marito, affronta le tribolazioni della seconda guerra mondiale contando sull’aiuto incondizionato e non richiesto dell’avv. Ferro e, per un certo periodo, trova conforto nella presenza di Gianni, l’amico d’infanzia.

Quando, negli anni ’90, Dalia è una vivace signora di 70 anni, che affronta con coraggio i postumi di un ictus, è proprio il suo passato che diventa l’anello di congiunzione con il presente. E il suo passato è racchiuso lì, in quella Olivetti MP1 rossa e in quel mestiere sulla punta delle dita che ha praticato fino a pochi anni prima.

Desy nelle sue interviste ha sostenuto che questo nuovo libro è nato dalla necessità di esplorare una nuova dimensione sensoriale che, dopo quella dell’olfatto del precedente romanzo, doveva essere quella del tatto: dove portano le dita quando si appoggiano sui tasti freddi e inanimati della macchina da scrivere. Ma la scrittura, si sa, è magia e può portare ben oltre le iniziali intenzioni dello scrittore nonché superare le aspettative del lettore.

Io personalmente ho letto questa storia come un percorso di emancipazione.

Desy è abile nel ricostruire le atmosfere e la mentalità degli anni trenta quando alle donne era chiesto di badare alla casa, al marito e ai figli e il lavoro era una necessità solo per le donne che non avevano altri mezzi per sostenersi. Dalia in un certo senso rompe questo schema perché la dattilografia diventa un mestiere che le consente di ritagliarsi un proprio spazio nella società, prima come figlia amorevole che contribuisce ai bisogni della famiglia d’origine, poi come donna che riesce a mantenersi dignitosamente sopperendo alle inadempienze del vanaglorioso marito fascista.

Sotto questa luce la signora Matteis è l’antagonista perfetta di Dalia: la brava moglie fascista mantenuta dal facoltoso marito, esibita nella buona società come un trofeo e osannata quando riesce a fare un figlio per la Patria. Poi di chi sia il figlio poco importa.

 

 

 

Casa Editrice: Fazi Editore

Anno di pubblicazione: 2020

Pagine: 366

Prezzo di copertina: 15,00

 

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Siamo partiti con l'idea di segnalare libri che hanno un'ambientazione torinese attraverso recensioni, incontri e interviste con gli autori ma ci piace dare spazio a quegli autori che a Torino vivono e lavorano anche se i loro personaggi sono di Roma, di New York o di un luogo immaginario. Siccome non ci piace solo la narrativa, faremo qualche incursione dentro la Storia e le tante storie che hanno fatto la città.

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