Parliamo un po’ con Roberto de Il salto del salmone, vincitore del Premio della giuria Milano International edizione 2018 e di scrittura.
1.Da dove nasce l’idea di questo libro?
Premetto che questo è il mio secondo libro. Con il primo, Racconti del buio (Golem Edizioni, marzo 2017) ho voluto far esplorare ai personaggi cosa si prova quando ci si trova in una situazione di buio. I dieci protagonisti, tutti vedenti, – di cui quattro storici e sei inventati – non possono sfruttare il senso della vista per diversi motivi (nebbia, notte, luoghi bui e così via).
Questo libro invece – pubblicato nel maggio 2018 sempre con Golem – nasce da un progetto di origine che voleva essere una raccolta di racconti attorno al tema del buio morale. Il primo racconto prende spunto da un fatto di cronaca di qualche anno fa, in cui un padre ha ucciso il figlio autistico. Nel racconto le cose sono andate diversamente perché mi sono preso la libertà di deviare dal progetto iniziale e di lasciare un finale aperto: non è specificato cosa succede né a Jonas né a Nick. E’ molto importante quando si decide di iniziare a scrivere avere un progetto narrativo che va messo per iscritto prima di cominciare a scrivere veramente il libro, anche se poi si è liberi di tradire quel progetto, senza il quale tuttavia non si sarebbe mai potuti giungere a quel risultato finale. Il salto del salmone è una commistione perfetta fra racconti e romanzo. I quattro racconti che lo compongono sono collegati a ritroso, perciò si prestano a una doppia chiave di lettura, un doppio piano temporale che starà al lettore districare. Se li si legge singolarmente l’azione procede verso il futuro, ma se li si legge concatenati l’azione procede verso il passato. In ciascun racconto muore un personaggio, che diventa però il protagonista del successivo. In questo caso, dato che il progetto narrativo originario era già stato tradito nel corso del primo racconto, la vicenda ha preso forma a mano a mano che procedeva la stesura del libro stesso.
Ho cercato di costruire i personaggi in maniera più profonda possibile, prestando particolare attenzione alla loro psicologia, e alle più piccole sfaccettature del loro carattere. In questo modo sono nati un personaggio gretto, meschino e razzista come Gordon, che è plausibile perché potrebbe essere una delle tante che incontriamo sulla nostra strada, ma anche due personaggi dolci e premurosi ma altrettanto sfortunati come Virginia e Jessica. Georgette poi è un personaggio dalla grande complessità esistenziale, che sprigiona tutta la sua potenza nel dialogo del terzo racconto con Denzel. Brian, che entra in conflitto con Nick per ragioni che si scopriranno nel corso della lettura, è un personaggio che entra in campo solo nel quarto racconto, eppure è fondamentale nell’economia narrativa del libro.
2.Hai una grande padronanza della scrittura, quanto tempo dedichi a scrivere?
Scrivo tutti i giorni e quando per qualche motivo non riesco penso molto intensamente all’opera e a ciò che voglio fare, cerco, insomma, di mantenere sempre un contatto emotivo con l’opera. Scrivo quasi sempre al mattino e alterno la scrittura allo studio della chitarra classica.
3.Hai qualche altro progetto in cantiere?
Diciamo che mi sto esercitando per un genere completamente diverso!