Da dove arriva l’idea di questo libro e di cosa davvero hai voluto parlare, dal momento che sono tante le cose  che vengono fuori…

 

Il primo spunto è arrivato da un fatto di cronaca che mi è stato raccontato, avvenuto in Romania; si trattava di due amiche di cui una aveva una madre terribile, uccisa dall’altra per liberare l’amica.  Un altro spunto è partito da un’esperienza di volontariato che ho fatto in un contesto molto disagiato dove ho conosciuto certe dinamiche che si verificano quando c’è grande disagio economico e psichico e mi sono resa conto che queste dinamiche, che lì erano più evidenti  – per esempio l’aggressività per paura di entrare in rapporto con l’altro, come le urla e la gente che si tirava le cose dietro – si verificano anche nelle famiglie borghesi; magari in maniera meno fisica ma più sottile ci si tira dietro ogni sorta di maledizione. Tra Costanza e sua madre non c’è un rapporto felice: il fatto che non si parli delle cose che vanno male è semplicemente  ipocrisia, la madre si comporta così perché è convinta che così facendo le cose vadano meglio, mentre in realtà è solo un modo per mascherarle.

Questo è stato un libro, diciamo, un po’ stregato come se avessi dovuto ricostruire me stessa mentre ricostruivo la trama. Ho fatto un tuffo nella mia ombra, nelle parti di me che non conoscevo e la stessa cosa fa Costanza quando si fa un’idea del mondo adulto venendo a contatto  con tutti i difetti che l’umanità  può avere, questo perché in quella casa incontra personaggi un po’ squinternati.

Ho scritto con una doppia attenzione al dentro e al fuori: all’inizio quello che mi stava più a cuore era parlare del rapporto madre-figlia, poi questa esigenza è diventata meno importante rispetto a quella di dare un senso alla vita che usciva fuori man mano che incontravo le mie ombre.

Portare in luce tutte le parti rifiutate di me e del mondo mi faceva sentire la magia della vita: proprio questa la cosa che mi ha fatto più piacere e spero che faccia questo effetto anche in chi legge.

Il rapporto madre figlia, comunque, è senza dubbio centrale. E’ un po’ un romanzo di formazione perché c’è un personaggio che si fa una sua idea del mondo mentre è costretto a fare cose che fino a un momento prima non avrebbe fatto e c’è un cambiamento grosso nei personaggi così come c’è stato anche in me. Io ho avuto un senso di guarigione dopo aver scritto questo libro come se due parti che prima erano in conflitto si fossero finalmente incastrate.

 

E questa  scimmia che parla dentro la testa di Costanza: parlaci un po’ di lei

 

La scimmia rappresenta le vecchie abitudine da cui ci si vuole liberare che però sono dure a morire. In questo processo di osservazione delle parti, anche delle più terribili, a volte andavo in una direzione e poi un’altra me disfaceva tutto quello che avevo appena fatto, c’era qualcuno, che in realtà ero sempre io, che voleva andare in un’altra direzione. Per un po’ questa seconda me l’ho sentita come una nemica, penso che sia una cosa che capita un po’ a tutti, vedo queste dinamiche anche negli altri. La sofferenza nasce proprio dai due opposti che non vanno insieme fino a che ad un certo punto li ho fatti dialogare.

Mentre scrivevo mi faceva ridere mostrare lo stupore di chi ha appena trovato questo punto di contatto e una scimmia  – un animale che in fondo è stupido, anche se poi questo sarebbe da discutere – corrispondeva a come mi sentivo io.  Costanza ha tante parti diverse si sente abitata da tante entità, dice “io” ma in realtà non sa quale io, finché le sue parti non vengono armonizzate. Penso che alla fine tanti si trovano in questa situazione e mi sembrava bello parlare di questo.

 

“Secondo me Torino sa di polvere e pipì di cane, ed è come se in cielo ci fosse un dotto dell’aria condizionata che spara particelle invisibili sul piccione frullato”: da questo pare di capire che Torino non ti piaccia molto. Quanto Torino ha influito su questo libro e come ti rapporti con questa città?

 

Io ho percepito Torino come negativa per un sacco di tempo, poi, dopo aver scritto questo libro, ci ho fatto pace. Ormai è più o meno da dieci anni che emigro e poi per una serie di ragioni sono sempre costretta a ritornare a Torino.  Torino l’ho vissuta con rabbia perché mi sembra una città triste che toglie energie nel senso che le energie vengono spese tutte per il lavoro e rimane poco per i rapporti con gli altri. Questa, almeno, è l’impressione che mi ha fatto anche se in realtà mi sono resa conto che non è così vero: ci sono qualità meno chiassose, ad  esempio la gentilezza anche se ho avuto l’impressione che sfoci nell’ipocrisia, del tipo “non ti critico per non avere grane ma potessi criticarti lo farei”.

Ho fatto un po’ pace con Torino quando ho riletto il libro prima di chiudere le bozze: per la prima volta mi sono sentita soddisfatta e ho avuto un moto di gratitudine verso la città. Ho pensato: non ti ho  mai sopportata ma anche con il tuo aiuto ho scritto questo libro di cui sono soddisfatta. Un mio amico mi ha insegnato un rito sciamanico di gratitudine e quel giorno mi sono spruzzata un profumo alla rosa sotto le scarpe come segno di gratitudine verso Torino!

Rimane comunque il fatto che sono più felice quando sono in altri posti perché a me piacciono il sole, il mare e soprattutto il cielo. Dialogare con la natura mi aiuta molto e il fatto di non avere il cielo, e quindi neanche le nuvole, per me è una grossa mancanza.  Vedere il cielo mi ridimenziona mi fa sentire alla mercé delle forze della natura, senza le quali ci sentiremmo tutti forti e onnipotenti.

La mia protesta con Torino, quindi,  riguarda essenzialmente il cielo. A livello culturale, invece, è viva,  ci sono belle realtà, trovo la gente educata nel senso che come tipo di formazione ha certi valori.

 

I tuoi luoghi preferiti a Torino

 

A me piace molto il parco Vallere e il lungo fiume dove posso andare a correre, attività che pratico volentieri. Somiglia un po’ a un parco londinese, non sembra che ci sia tutto quel verde a Torino e poi ci vanno i rumeni e i peruviani a fare le grigliate e a me questo mette una grande allegria!

Pulce non c’è l’ho scritto tutto sul lungo Po, dalle parti di Lungo Po Cadorna.

Poi c’è La Mandria: per me è un posto speciale, mi aiuta molto con l’immaginazione perché è un posto da principi e principesse.

 

UN PO' DI NOI

Siamo partiti con l'idea di segnalare libri che hanno un'ambientazione torinese attraverso recensioni, incontri e interviste con gli autori ma ci piace dare spazio a quegli autori che a Torino vivono e lavorano anche se i loro personaggi sono di Roma, di New York o di un luogo immaginario. Siccome non ci piace solo la narrativa, faremo qualche incursione dentro la Storia e le tante storie che hanno fatto la città.

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