Se mentre passeggiate nel centro di Torino incontrate una ragazza con un ciuffo biondo che le copre mezza faccia, rossetto viola e un impermeabile nero che la fa sembrare “la sorellina futurista di Severus Piton”, non vi spaventate: probabilmente avete appena incontrato Vani Sarca. Se tentate di abbordarla sappiate che avrete a che fare con una persona estremamente intuitiva, ironica fino al sarcasmo, a volte dissacrante, in guerra con il mondo intero e se volete invitarla a cena ricordatevi che si nutre di patatine al formaggio e il Bruichladdich è la sua religione. Il suo mestiere? Scrivere. Anche se scrive per gli altri perché è una ghostwriter bravissima, perennemente  in lite con il cinico capo per un aumento di stipendio. Il suo hobby? Aiutare la polizia a risolvere delitti. Eh sì, perché il suo amico commissario Berganza non può fare a meno di lei quando si tratta di incastrare pericolosi delinquenti e Vani che è “la persona meno incline al mondo alle rotture di coglioni” si trasforma “in una specie di segugio che tira il guinzaglio pur di essere portato a caccia”.

Dopo L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome e Scrivere è un mestiere pericoloso, Vani è alle prese con un suo difficile collega, un altro ghostwriter, che, dopo aver scritto un romanzo di successo per un imprenditore che lo ha raggirato, viene convinto a tornare alla ribalta ma ha un problema: non riesce a parlare in pubblico senza offendere nessuno. Riuscirà Vani a renderlo presentabile in pubblico senza che appaia “rigido come se fosse seduto per sbaglio su uno scovolino da damigiane”?

Il finale è veramente a sorpresa: la Vani tanto brava a capire gli altri ma che non comprende “un accidente di niente” di ciò che succede a lei, avrà quell’intuizione salvifica che la porterà verso la pace con il mondo.

Per conoscere Vani non c’è modo migliore di parlarne con colei che l’ha messa al mondo, Alice Basso, alla quale abbiamo posto quattro domande.

 

Come per i due libri precedenti anche in Non ditelo allo scrittore, fin dalle prime righe, si rimane travolti dal ritmo e dal linguaggio: si intuisce subito che è Vani Sarca che scrive creando una simmetria direi perfetta tra personaggio e stile di scrittura. Mi verrebbe da dire che è Alice Basso che ha fatto la ghostwriter per lasciare tutta la scena a Vani Sarca: senza svelarci troppo i tuoi segreti come sei riuscita a creare questo effetto?

 

Lasciami dire come prima cosa che sono ENTUSIASTA che tu mi abbia fatto questa domanda. Perché, vedi, io di natura non parlo come Vani. Sono molto meno tagliente, secca e precisa nelle risposte sarcastiche. Quindi, quando scrivo “entrando nella sua testa” (perché le sue storie sono narrate in prima persona), devo autodisciplinarmi, tagliare, usare insomma un po’ di tecnica. E se a te sembra che il profilo del personaggio sia efficacemente rispecchiato dallo stile in cui si racconta, be’, lo prendo come un trionfo e vado a scrivermelo su una maglietta!

 

Vani è circondata da due personaggi maschili, uno, il commissario Berganza, potrebbe essere l’eroe senza macchia e senza paura, l’altro, Enrico Fuschi, avido, senza scrupoli, si direbbe quasi senza sentimenti: c’è una ragione per cui hai voluto questi personaggi o sono semplicemente usciti dal flusso della scrittura?

 

C’è una ragione, certo, anzi due! Berganza è il… “frullato” di tutti gli investigatori dei grandi classici del noir che ho amato tantissimo leggere: una sostanziosa base di Marlowe, un tocco di Nero Wolfe, una spruzzata di Maigret, e potrei andare avanti. Io volevo, volevo fortemente un personaggio così nei miei romanzi: di poche parole, stropicciato, ruvido, con la sigaretta perennemente in bocca e l’impermeabile beige, marchio di fabbrica dell’investigatore che si rispetti. Enrico Fuschi, l’editore, invece, è… la caricatura di tutti i pessimi capi che tutti noi, ci scommetto, abbiamo avuto almeno una volta nella vita sul lavoro: quelli che vorremmo prendere a schiaffi, a cui vorremmo dire cosa pensiamo della loro visione della vita come un un tubo in cui si buttano risorse umane per farne uscire soldi… e ai quali ovviamente non diciamo quasi mai proprio nulla, perché la vita vera, ahimé, è così. Ma nei libri, be’, puoi fare quello che vuoi, e così ecco Vani Sarca, ghostwriter illicenziabile perché sa fare il suo prezioso lavoro meglio di chiunque altro, che può permettersi – lei sì – di parlare al suo capo senza peli sulla lingua, dando vita a teatrini catartici e, spero, esilaranti.

 

Qual è il tuo luogo preferito a Torino, se c’è, e qual è quello di Vani?

 

Ecco, questa è una domanda difficile. Perché io Torino la amo tutta tantissimo. Io abito a Torino – anzi, per l’esattezza fuori Torino – dal 2006: sono arrivata qui per lavoro dalla periferia di Milano e mi sono subito innamorata follemente di questa città elegante e discreta. Poi, figurati: nell’inverno del 2006 Torino era al massimo della forma, tutta tirata a lucido per le Olimpiadi invernali, e su di me ha proprio vinto facile. Vani, che invece a Torino c’è nata e come tutti i torinesi ne è fiera ma non le dà la soddisfazione di ostentarlo, può permettersi di essere più selettiva: a lei certamente piace genericamente la sua città specie d’inverno, con quella nebbiolina che fa tanto Londra dell’Ottocento, l’atmosfera magica, ma il suo posto d’elezione è in verità un localaccio di periferia, un posto orrendo per il quale la nostra protagonista nutre un misto di amore e odio: si chiama Quicksand, è un locale buio e sporco in cui si suona musica metal e si bevono alcolici pessimi, e Vani ci ha passato praticamente tutta la sua tardoadolescenza. Per chi se lo stesse chiedendo: è un posto d’invenzione! Nessun torinese rischia di finire avvelenato da un cocktail scadente in una versione reale di questo posto!

 

Te la immagini Vani Sarca come personaggio televisivo?

 

Eheh, il bello è che più che immaginarmela io se la immaginano i miei lettori, e mi mandano un sacco di foto di attrici che vedrebbero bene nei suoi panni! Un gioco che è per me fonte di enorme divertimento e anche gratitudine. Comunque, sono felice che ognuno abbia la “sua” Vani (e il suo Berganza, il suo Enrico, il suo Riccardo, la sua Morgana…): non c’è niente di più appagante che scoprire che gente che prima esisteva solo nella tua testa ora abita anche in quella di altre persone, e ha addirittura una faccia precisa!

 

Casa editrice: Garzanti

Anno di pubblicazione: 2017

Pagine: 320

Prezzo di copertina: 16,90

UN PO' DI NOI

Siamo partiti con l'idea di segnalare libri che hanno un'ambientazione torinese attraverso recensioni, incontri e interviste con gli autori ma ci piace dare spazio a quegli autori che a Torino vivono e lavorano anche se i loro personaggi sono di Roma, di New York o di un luogo immaginario. Siccome non ci piace solo la narrativa, faremo qualche incursione dentro la Storia e le tante storie che hanno fatto la città.

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