Cosa succederebbe se potessimo vivere più di una vita e ogni volta ci ricordassimo delle vite precedenti?  Fin dove ci può portare l’eterno conflitto tra corpo e psiche? In questo coinvolgente romanzo intelligenza e sensibilità guidano il lettore alla scoperta degli spazi reconditi della psiche che si reinventa per adattarsi agli inconvenienti che la vita mette di fronte.

Francesco nasce a Torino nel 1865, povero, riuscirà a scalare il successo progettando la prima auto della FIAT prima di morire l’ultimo giorno del secolo e ritrovarsi a vivere con passione e determinazione altre vite che non solo la sua cercando sempre il giusto equilibrio tra ragione e sentimento.

Al riguardo abbiamo fatto due chiacchiere con Alessio.

 Suppongo che la reincarnazione non sia esattamente ciò di cui vuoi parlare ma piuttosto un escamotage per indagare altri temi…

Si è così. Mi interessava principalmente indagare il rapporto tra autenticità e impostura. Francesco è obbligato all’impostura, ad abitare vite non sue. Da questo punto di vinta il mio romanzo ambisce a rendere plastica la nostra lotta quotidiana per la salvaguardia dell’autenticità. Ma è una sconfitta certa. La nostra autenticità nasce ogni mattina al risveglio, ma è sufficiente la vestizione, la scelta di un abito che farà di lì a breve un monaco, perché l’autenticità sia erosa. E così lungo tutto l’arco della giornata.

 Ma non è l’unico tema.

Infatti. Nel romanzo cerco di esplorare diversi altri temi. Di sicuro il conflitto tra psiche e corpo. Ci sono gesti, scelte che Francesco fa per via della sua natura psichica e altri che invece sono dettati dalla sua dimensione corporea. Questo conflitto segna un fil rouge che lega tutti i “ritorni” di Francesco: l’impianto edipico della sua vita francese, la finta gemellarità di quella praghese e poi ovviamente il cambio di genere in quella newyorkese.

Quella parte del romanzo, l’ultima, è di sicuro quella che colpisce di più.

È stata anche la parte più difficile da scrivere. Non era solo la naturale difficoltà di uno scrittore a far muovere la narrazione sulle gambe di un personaggio di genere opposto, di una donna, qui era necessario fare da arbitro tra le istanze di una psiche maschile (ottocentesca) e un corpo femminile. Questo ha anche generato dei corto circuiti linguistici, come quando nel romanzo si cita la “vagina di Francesco”. L’impianto narrativo surreale mi dava questa possibilità e mi consentiva inoltre di suscitare il ragionamento del lettore su una tematica attualissima e difficile come quella di genere.

Il tuo romanzo attraversa tutto il secolo scorso. Le vite di Francesco si svolgono tra il primo gennaio 1900 e il 31 dicembre 1999. Perché il Novecento?

È un secolo non ancora chiuso. La gran parte delle categorie attraverso cui interpretiamo la realtà sociale, politica e individuale è di matrice novecentesca. Inoltre è il secolo della psicoanalisi, che a suo modo è coprotagonista del romanzo.

 La tua scrittura è molto delicata, ma allo stesso tempo profonda

Ho lavorato molto sullo stile. Volevo che fosse scorrevole, che non lasciasse indietro il lettore in cerca di trama, e al tempo stesso mi serviva una lingua capace di sorreggere un’ampia gamma di stati d’animo del protagonista e che concedesse piani ulteriori di interpretazione al lettore più sofisticato. Ho cercato inoltre di adeguare la voce al tempo narrato, mutandola man mano che la narrazione procedeva lungo il Novecento. Ma c’era un problema da risolvere: un libro che racconta più di un secolo rischiava di diventare troppo lungo, di usurpare il poco tempo dedicato oggi alla lettura. Nell’attuale stesura, che è il rifacimento di un manoscritto molto più ampio, ho evitato le descrizioni a favore di un ritmo incalzante.

La storia parte da Torino ma finisce a New York.: c’è una ragione per cui hai fatto questa scelta?

Volevo che il racconto non fosse stanziale, ma parlasse di diverse parti di occidente e di posti che mi avevano  suggestionato. Da lettore faccio fatica a sposare le narrazioni eccessivamente chiuse nei ristretti meandri circondariali dell’autore.

Francesco nasce a Torino perché è una città rigida, come può essere un ingegnere, ma poi è anche umanistica: poche città italiane possono vantare il fermento culturale torinese. La parte umanistica di Francesco si manifesta appieno quando si reincarna in Zoe, ma la sua attenzione per le arti è una conquista frutto delle vite precedenti e del lungo esercizio di immedesimazione. Per questo solo nell’ultima parte diventa anche scrittore. Francesco subisce e usa le sue rinascite per esercitare empatia e immedesimazione, cosa che dovrebbe fare qualunque artista.

 

Casa editrice: Autori Riuniti

Anno di pubblicazione: 2016

Pagine: 233

Prezzo di copertina: 15,00

 

 

UN PO' DI NOI

Siamo partiti con l'idea di segnalare libri che hanno un'ambientazione torinese attraverso recensioni, incontri e interviste con gli autori ma ci piace dare spazio a quegli autori che a Torino vivono e lavorano anche se i loro personaggi sono di Roma, di New York o di un luogo immaginario. Siccome non ci piace solo la narrativa, faremo qualche incursione dentro la Storia e le tante storie che hanno fatto la città.

CONTATTI

Torino
351 5398743.
info@unpodilibri.it

Torna in alto